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Gli Emirati Arabi Uniti fuori dalla black list europea

Il “Gruppo Codice di Condotta” in materia di tassazione delle imprese nella sua riunione del 4 ottobre 2019 ha presentato al Segretario del Consiglio d’Europa il proprio report sulla black list europea in cui sono presenti le giurisdizioni ritenute non cooperative.

Gli Emirati Arabi Uniti, lo scorso 30 aprile 2019 avevano adottato un nuovo regolamento con l’emissione di un decreto da parte del Ministero delle Finanze degli Emirati Arabi Uniti, relativo alla così detta “Economic Substance”, che pur facendo propri i feedback del Gruppo Codice di Condotta, aveva introdotto una esenzione generale per talune fattispecie (quelle in cui vi era la presenza dello stato emiratino o di un emirato della federazione, a prescindere dal livello di partecipazione al capitale) che aveva portato ad emettere in data del 20 maggio 2019 da parte del Gruppo Codice di Condotta un parere di non conformità ai criteri dallo stesso emanati a suo tempo. E per questo motivo gli UAE non erano usciti completamente dalla black list.

Il 1° settembre 2019 il provvedimento è stato oggetto di un emendamento da parte del competente Ministero UAE che ha individuato, ai fini dell’esenzione dall’applicazione del regolamento, una soglia di partecipazione al capitale sociale delle società estere del 51% da parte del Governo degli UAE o dei suoi Emirati.

Nelle riunioni del 4 e del 13 settembre il Gruppo Codice di Condotta, dopo avere ricevuto conferme sull’operatività della nuova disposizione Emiratina, ha espresso il proprio parere favorevole per il delisting degli Emirati Arabi Uniti dalla black list UE, riconoscendo agli stessi piena adesione ai requisiti definiti dalla UE per essere considerati un paese collaborativo ai fini dello scambio delle informazioni.

L’esclusione dalla black list UE consentirà quindi un più facile approccio al paese per tutti gli aspetti connessi alle transazioni di carattere finanziario, dove lo scambio di informazioni ed un impianto regolatorio che eviti la costruzione di strutture fittizie, favorisce l’afflusso di capitali regolari e lo sviluppo di iniziative economiche sane.

I nuovi regolamenti, infatti, servono a scoraggiare la nascita di nuove società che non svolgono alcuna reale attività economica, ma il cui scopo è solo quello di delocalizzare i redditi in un’area a bassa tassazione (nel caso degli Emirati la tassazione è zero). Per l’UE non ha rilevanza il livello di tassazione per definire un paese black list, ma solo il rapporto di collaborazione e scambio di informazioni.

Per il fisco italiano la scelta di delistare gli UAE non ha un effetto pratico in quanto le norme sulla tassazione dei proventi delle società site all’estero in cui un residente partecipa sono legate al livello di tassazione, che non deve essere inferiore al 50% del livello di tassazione italiana (con una leggera distinzione se si tratta di partecipazione di controllo o meno). Considerato che negli Emirati il livello di tassazione è pari a zero, il fisco italiano considererà comunque il reddito prodotto dalla società emiratina in cui un residente italiano partecipa, un reddito da paradiso fiscale; salvo che non sia applicabile l’esimente prevista dal testo unico delle imposte sui redditi (art. 167 TUIR) che richiede un effettivo svolgimento di attività economica in loco ed il non aver voluto collocare i redditi in un paese a bassa fiscalità. Condizioni che usualmente sono rispettate quando una attività viene effettivamente svolta in un mercato locale.

Credits image: Il Sole 24 Ore

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